
Ci sono film che non rappresentano pietre miliari della settima arte, ma li guardiamo e riguardiamo lo stesso senza ritegno. Io per esempio ho maturato un’invereconda passione per Predator (Usa, 1987), credo di conoscerlo a memoria, e certe scene le potrei recitare pure nella versione originale. Nel film (che non racconto, do per scontato siate come me) dopo un primo feroce contatto con un’entità aliena, un gruppo di soldati si riunisce per il briefing: che sta succedendo? Chi abbiamo davanti? Chi è questo nemico sfuggente e potentissimo? Billy, il nativo americano arruolato nelle special forces (archetipo del guerriero, quindi guerriero due volte) gela tutti con la sua opinione: “C’è qualcosa là fuori, e non è umano. Moriremo tutti”.
Domenica, durante la sessione dedicata all’e-commerce del vino di Vinix Unplugged Unconference, è stata una frase di Lorenzo Biscontin ad evocarmi ancora una volta Billy e il suo ineluttabile “We’re all gonna die”. Lorenzo è una persona (potrei dire personalità) magnificamente qualificata a parlare di mercato e di marketing, tanto da eliminare nel secondo termine ogni punta di diffidenza, che può sorgere come in un riflesso pavloviano. Ebbene, l’uomo che rende il marketing un fatto interessante ha inserito un’osservazione alquanto drastica sul destino della vendita del vino attraverso i canali tradizionali, affermando (riporto più o meno letteralmente) che le enoteche, per come le conosciamo, sono prossime a morire tutte nel giro di breve tempo.
Quella sera, alla cena seguita al dibattito, nonostante (o grazie a) il clima informale è stato ugualmente un piacere ascoltare Lorenzo descrivere fatti e problemi che attengono a questo nemico feroce e dotato di armi invincibili che chiamiamo crisi. Per esempio, parlando stavolta delle difficoltà che affliggono la forza vendita (gli agenti di commercio, cioè) riportava un esempio che provo a riassumere.
Consideriamo un agente che su un percorso quotidiano di (poniamo) 50 chilometri, sviluppa dieci visite con altrettanti clienti. Lo scenario della crisi, che ha fatto strage di punti vendita tradizionali (enoteche o ristoranti) oggi costringe lo stesso agente ad allungare la fascia chilometrica del doppio, ipoteticamente, per riunire altrettanti contatti. Che però percorre con maggiori costi e minore tempo a disposizione, rendendo meno efficace la sua azione di vendita. Meno efficace, ma più costosa. Chiaro che il prossimo termine utile, per definire il quadro, potrà essere “insostenibilità”.
Sul fatto che sia in corso una strage di attività commerciali, credo siamo tutti d’accordo. A questo proposito prenderò a prestito un intero post scritto da Alessandro Gilioli – spero mi si perdoni il copia e incolla totale, ma si tratta comunque di un post breve e fulminante, e in un’inedita (per lui) modalità vagamente foodie. Titola Gilioli: “Ma non erano tutti pieni?” – e di seguito, il testo:
“Ogni giorno in Italia chiudono 30 ristoranti. O si sono messi a cucinare malissimo o avevamo un premier che non capiva un cazzo di economia”.
In un’infografica pubblicata su Soldionline.it è descritta l’inquietante comparazione tra la crisi del ’29 e quella attuale. Dove si vede che la grande crisi del secolo scorso si avviò ad una conclusione dopo circa cinque anni, mentre l’attuale, al sesto anno, si riacutizza in modo drammatico: we’re all gonna die? L’impressione è quella di avere davanti un nemico sfuggente e imbattibile. E alla fine di tutto, mi spiace spoilerare Predator, ma sì: nel film muoiono (quasi) tutti. Sopravvive l’eroe, e la bella.
[Postfazione: il blog di Lorenzo Biscontin pare al momento ammorbato da un virus, quindi cliccate con cautela in attesa che venga fixato. Io l'ho navigato impunemente con Linux quindi immagino sia sicuro anche con quell'altro sistema operativo, minore, comesichiama, Mac OS X].