
Dio c’è, e ha un account Twitter. Soprattutto, @lddio ha 141.992 follower. Partiamo dai numeri, perché quando si parla di comunicazione, come di vendita, contano anche quelli. E allora, vediamo di riassumere: quante copie vendono, in un anno, le guide? Quante copie vendono i mensili sul vino? Al netto dei follower distratti e dei fake, un twitt del solo account @lddio polverizza ogni concorrenza. E non basta dire che le pubblicazioni cartacee esprimono un’idea di comunicazione inconfrontabile con un twitt.
Quest’ultimo fine settimana a Montefalco c’erano 50 top blogger e twitteri (abbiate pietà del termine) impegnati in un Social Media Tour: “un evento destinato a rivoluzionare il modo di fare marketing territoriale”. In sostanza: le aziende in associazione con enti pubblici e di promozione hanno ospitato 50 player turbovirali delle reti sociali, e hanno incassato lieti la conseguente ricaduta multimediale. Chi ha voluto #InMontefalco aveva chiaro esattamente che la comunicazione al tempo di Twitter sa esprimere un volume di fuoco incomparabile con altri media. Fatto un rapido calcolo dei follower raggiungibili e dei rilanci, i mediattivisti coinvolti erano in grado di sviluppare “tre milioni di potenziali contatti”. Il Triste Mietitore, per citarne un altro, di follower ne ha solo 54.293. Ed eccolo a colazione, a Montefalco.
Adesso chiediamoci: funziona, questa cosa? Invitare un numero di personalità social ad un evento (in questo caso correlato al vino) ne aumenta le chance di diffusione? La risposta è: certo che sì. Nel caso specifico, poi, l’evento raggiunge ambiti tutto sommato estranei pure al quartierino dei wineblogger, che sono sorpassati a destra, come fossero dei tromboni qualsiasi. Bene: non si dice sempre che il vino deve uscire dagli schemi, e raggiungere nuove fasce, i giovani e bla bla? Ecco fatto. Intanto, l’hashtag #InMontefalco continua a macinare contatti. E’ attivo pure l’account @InMontefalco.
E proseguendo con le domande possibili: chi si ingrugna? A parte chi non c’era, e senza voler dare addosso ai soliti giornalisti, che ormai è come sparare sulla Croce Rossa, ci sarà più di un eno-qualchecosa che avrà da ridire leggendo twitt molto naif e molto poco tecnici. Anche se qualcuno avanza analisi di qualche profondità che richiamano vecchie polemiche:
Ma appunto, chi ha twittato non rischia il pippone del sauvignon che è (o non è?) frammisto al trebbiano spoletino, né rischia di ritrovarsi associato all’istante ai vecchi arnesi della comunicazija enologica.
Quanto al resto, è di qualche rilievo l’affermazione di un dirigente della Provincia, che ha parlato di promozione “praticamente a costo zero”. In termini di valore, da un lato i mediattivisti coinvolti in questa azione di marketing avranno verificato quanto (o che cosa) possa valere il numero dei loro follower, e la loro capacità creativa tanto estemporanea quanto (a mio avviso) fuori discussione: “non è bene mangiare a stomaco vuoto. Dov’è il vino?” è solo uno dei twitt geniali del (solito) @lddio. Dal lato opposto, resta da definire rispetto a cosa i twitteri siano praticamente a costo zero. Forse si riferiscono alle brochure, oppure immaginavano questo.
Il dibattito sull’uso evil delle tweetstar da parte dei cattivi del marketing, infine, permane sullo sfondo, irrisolto.